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Giosuè Carducci - Brindisi

 

 

 

BRINDISI

di Giosuè Carducci

 

Beviam, se non ci arridano

Le sacre Muse indarno,

Ora che artoa caligine

Preme i laureti d’Arno.

 

Gema e ne l’astro pallido

Stanchi le inferme ciglia

La scelerata astemia

Romantica famiglia:

 

A noi progenie italica

Ridan gli dèi del Lazio,

La madre de gli Eneadi

E l’armonia d’Orazio.

 

M’inganno? o un’aura lirica

Intorno a me s’aggira?

Flacco, io ti sento: oh, al memore

Convivio assisti e spira!

 

Or che percuote l’ungaro

Destrier la valle ocnea,

E freme il lituo retico

Dove Maron nascea;

 

Or che l’efòd levitico

La diva Roma oscura,

E altier di Brenno il milite

La sacra via misura;

 

Qui cupe tazze vuotansi

Secondo il patrio rito,

Ben che sia lunge l’arbitro

Del libero convito.

 

Flacco, il tuo bello Apolline

Fuggí dal suol latino

Cedendo innanzi a Teutate

Ed a l’informe Odino,

 

La musa a noi da gelide

Alpi tedesche or suona,

Turba un vil gregge i nitidi

Lavacri d’Elicona:

 

 

Noi pochi e puri (il secolo

Sieci, se vuol, nemico)

Libiamo a Febo Apolline

E al santo carme antico.

 

Lenti, e che state?or s’alzino

Colme le tazze al vóto.

A le decenti Cariti,

Ecco, tre nappi io vuoto.

 

Sacro a’ sapienti è il numero

De i nappi tre: ma nove

A noi ne chieggon l’impari

Figliuole ascree di Giove.

 

Né san le dive offendersi

Del temperato bere,

Né tu discordi,o Libero,

Da le virtú severe.

 

Anch’ei la tazza intrepido

Catone al servo chiese,

Poi ripensando a Cesare

Il roman ferro prese:

 

E, in quel che Bruto vigila

Su le platonie carte,

Cassio tra’ lieti cecubi

Gl’idi aspettò di Marte.

 

 

 

 

 

 

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Giosuè Carducci - Pianto antico

 

 

 

Giosuè Carducci - Pianto antico

 

La poesia Pianto antico fa parte della raccolta Rime nuove, che raccoglie liriche scritte dal 1861 al 1887. La poesia è dedicata al figlio Dante, morto a soli 3 anni di età, molto probabilmente di tifo.

 

L’albero a cui tendevi
La pargoletta mano,
Il verde melograno
Da’ bei vermigli fior,

Nel muto orto solingo
Rinverdí tutto or ora
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.

Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l’inutil vita
Estremo unico fior,

Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol più ti rallegra
Né ti risveglia amor.
 
                                    
 
 
 
 
 
 
 

Giosuè Carducci - Giambi ed Epodi

 

 

 

Giosuè Carducci - Giambi ed Epodi

 

Giambi ed Epodi di Giosuè Carducci è un'opera poetica composta da due libri, comprende trenta poesie scritte tra il 1867 e il 1879: fu edita a Bologna nell'ottobre 1882.

 

Giambi ed Epodi - Versione PDF

 

 

 

 

 

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Giosuè Carducci - Maggiolata

 

 

 

Giosuè Carducci - Maggiolata

 

 

 

Maggiolata

Maggio risveglia i nidi,
Maggio risveglia i cuori;
Porta le ortiche e i fiori,
I serpi e l’usignol.

Schiamazzano i fanciulli
In terra, e in ciel li augelli:
Le donne han ne i capelli
Rose, ne gli occhi il sol.

Tra colli prati e monti
Di fior tutto è una trama:
Canta germoglia ed ama
L’acqua la terra il ciel.

E a me germoglia in cuore
Di spine un bel boschetto;
Tre vipere ho nel petto
E un gufo entro il cervello.

 

 

 

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La Madre - Giosuè Carducci

 

 

 

La Madre 

Giosue' Carducci

 

Lei certo l’alba che affretta rosea
al campo ancora grigio gli agricoli
mirava scalza co ‘l piè ratto
passar tra i roridi odor del fieno.

Curva su i biondi solchi i larghi omeri
udivan gli olmi bianchi di polvere
lei stornellante su ‘l meriggio
sfidar le rauche cicale a i poggi.

E quando alzava da l’opra il turgido
petto e la bruna faccia ed i riccioli
fulvi, i tuoi vespri, o Toscana,
coloraro ignei le balde forme.

Or forte madre palleggia il pargolo
forte; da i nudi seni già sazio
palleggialo alto, e ciancia dolce
con lui che a’ lucidi occhi materni

intende gli occhi fissi ed il piccolo
corpo tremante d’inquïetudine
e le cercanti dita: ride
la madre e slanciasi tutta amore.

A lei d’intorno ride il domestico
lavor, le biade tremule accennano
dal colle verde, il büe mugghia,
su l’aia il florido gallo canta.

Natura a i forti che per lei spregiano
le care a i vulghi larve di gloria
così di sante visïoni
conforta l’anime, o Adrïano:

onde tu al marmo, severo artefice,
consegni un’alta speme de i secoli.
Quando il lavoro sarà lieto?
Quando securo sarà l’amore?

Quando una forte plebe di liberi
dirà guardando nel sole: ‘Illumina
non ozi e guerre a i tiranni,
ma la giustizia pia del lavoro’?