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Le Guerre Sannitiche

 

 

 

Le Guerre Sannitiche

 

I Sanniti erano una popolazione italica che abitava in origine gli Appennini meridionali. Nel V secolo a.C. una parte di essi scese verso le coste della Campania e dovettero confrontarsi con i Romani, con i quali stipularono un patto di amicizia nel 354 a.C.

 

 

Risolta temporaneamente la questione interna, si presentò a Roma un nuovo problema esterno. Giunsero a Roma alcuni ambasciatori campani venuti dalla città di Capua, fiorente centro della Magna Grecia. Essi venivano ad invocare aiuto a causa della minaccia dei sanniti, i quali stringevano d'assedio la loro città per distruggerla.

I sanniti erano una assai bellicosa popolazione della Campania centrale con la quale i romani avevano però stretto un patto di non belligeranza alcuni anni prima. Di fronte al rifiuto del Senato di venire in aiuto di Capua, gli ambasciatori, terrorizzati dalla sorte che li avrebbe attesi, non ci pensarono su due volte a consegnare nelle mani di Roma la loro città.

A questo punto i romani saggiarono il terreno mandando un'ambasciata nel Sannio. Gli ambasciatori proposero ai sanniti di abbandonare l'assedio di Capua poiché era diventata di loro proprietà. I sanniti risero in faccia ai messi e Roma non potè che dichiarare loro guerra nel 343 a.C.

Le sorti della guerra furono affidate a due consoli patrizi (contravvenedo alle leggi Licinie-Sestie da poco approvate). In Campania fu inviato marco Valerio Corvo, nel Sannio Aulo Cornelio Cosso.

Le sorti della guerra in Campania arrisero all'esercito di Valerio, che sconfisse i sanniti abbastanza facilmente, mentre in aiuto di Cornelio Cosso, impantanato tra le strette gole del Sannio e vittima della guerriglia e delle imboscate, fu necessario il rinforzo di un tribuno militare plebeo, Publio Decio Mure.
La guerra terminò dopo due anni, nel 341 a.C. sul campo di Suessola, presso Capua. I romani considerarono giusto firmare un nuovo accordo di pace per meglio concentrarsi sull'ennesima recrudescenza interna dello scontro sociale.

 

La seconda guerra sannitica viene combattuta tra il 326 e il 304 a.C. e la sua causa fu prettamente la città di Napoli, ovvero l’ultima città greca della Campania rimasta indipendente.
A Napoli si fronteggiavano le masse popolari favorevoli ai Sanniti e le classi più agiate favorevoli ai Romani. Ad un certo punto l’intervento era divenuto d’obbligo: i Romani sconfiggono la guarnigione sannita e conquistano la città.
Purtroppo però, da qui i Romani non riescono a penetrare nel Sannio, e infatti nel 321 a.C. abbiamo la famosa sconfitta delle Forche Caudine.

Dopo questo episodio, si ha una pace o tregua momentanea, durante la quale i Romani approfittano per creare delle relazioni con le popolazioni dell’Apulia e della Lucaniasperando così di isolare e circondare la Lega Sannitica.

Nel 316 a.C. ricomincia lo scontro: i Romani attaccano Saticula, ai confini tra la Campania e il Sannio. All’inizio i Sanniti hanno la meglio riuscendo ad interrompere le comunicazioni fra Roma e la Campania prendendo la città di Latulae, ma successivamente i Romani recuperano riconquistando Saticula, ristabilendo le comunicazioni con la Campania ed iniziando a costruire quella che poi sarà la Via Appia.
Inoltre, le colonie latine iniziarono a stringere un assedio nel Sannio.

Sotto il punto di vista di tattica militare, i Romani avevano incontrato alcune difficoltà con la falange, poiché era complicato riuscire ad adattarsi al terreno accidentato del Sannio; così l’esercito venne suddiviso in manipoli (ogni legione veniva suddivisa in 30 manipoli, ognuno composto da 120 uomini) e la legione venne schierata su 3 linee(principes, hastati, triarii). In questo modo, l’ordinamento manipolare permettevamaggiore flessibilità.

 

Il terzo ed ultimo episodio della guerra sannitica si consumò a partire dal 298 a.C.

Questa volta i sanniti si erano alleati, oltre che con i sabini, umbri e lucani, anche con i galli senoni, gli stessi che avevano saccheggiato Roma. Nella pianura umbra di Sentino, nel 295, i romani vennero sorpresi da una trovata dei Galli. Essi si gettarono sull'esercito romano con carri trainati da cavalli, in ogni carro una legione barbara che scagliava freccie. Il fracasso dei carri spaventò i cavalli romani, i quali batterono in ritirata.

Ma nemmeno questa trovata bastò. Publio Decio Mure, filgio dello stesso Mure che era corso in aiuto delle legioni nella prima guerra, si immolò abbattendosi contro i carri e perdendo la vita. Il suo sacrificio diede nuovo vigore ai romani che sbaragliarono i Galli per l'ennesima volta.

Ad uno ad uno caddero anche gli alleati dei sanniti, e a questi indomabili guerrieri non restò altro che firmare, questa volta definitivamente, la resa. Questo accadde nel 290 a.C.

Con la vittoria sui sanniti i Romani conquistarono una posizione di dominio in tutto entro sud, conquista che inaugurò storicamente l'ascesa militare romana sul suolo italic