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Discorsi del Poeta d'Annunzio a Fiume

 

 

Discorsi del Poeta d'Annunzio a Fiume

 

Nel settembre 1919 il poeta italiano Gabriele D´Annunzio occupó Fiume, una città portuale sull´isola d´Istria, oggi chiamata Rijeka, che contava allora 50 000 abitanti ed un corpo d´occupazione di 10 000 “legionari”. Per la prima volta nella storia si era così avverato un sogno degli scrittori d`avanguardia: L´arte era al potere, alle innumerevoli pretese e parole finalmente avevano fatto seguito i fatti.
Il gesto rivoluzionario fiumano è certamente il grido di un’anima libera, la protesta dell’aristocrazia del popolo italiano, del popolo ardito, la vendetta della libertà, che dopo essersi levata alta e solenne sulle rive del Piave e nelle pietrose trincee del Grappa, era stata vilipesa dalla ciarlataneria internazionale riunita a Versailles. 

 

Il Poeta-Vate scrive a Mussolini 

"Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina renderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile.
Riassumete l'articolo che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine.
E sostenete la Causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio. - 11 Settembre 1919. - GABRIELE D'ANNUNZIO

 

Il Vate a Fiume

"Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile è una sola cosa pura: Fiume! è una sola verità: Fiume; è un solo amore: Fiume !
Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo "ad un mare di abiezione"
In questo pellegrinaggio d'amore io sono venuto a sciogliere il voto promesso nel maggio scorso al popolo di Roma. Allora la vasta bandiera del Timavo, la bandiera che aveva coperto il corpo del Fante dei fanti, fu spiegata dalla ringhiera del Campidoglio e poiché il lembo rosso giunse a bagnarsi nella tazza della fontana sottostante, "essa fu battezzata dall'acqua Capitolina".

"Dopo quest'atto di rinnovata volontà - prosegue il Poeta - dichiaro : Io soldato, Io volontario, Io mutilato di guerra, SENTO DI INTERPRETARE LA VOLONTA' DI TUTTO IL SANO POPOLO D'ITALIA PROCLAMANDO L'ANNESSIONE DI FIUME ALLA PATRIA".

 

 

 
Fiume o morte!

 

È il giuramento fatto dai Granatieri di Sardegna che nell'agosto del 1919 riconoscevano d'Annunzio come loro capo.
Per ordine del governo, i granatieri avevano dovuto lasciare Fiume con grande disappunto della popolazione in gran parte italiana. Quando alcuni di loro si decisero a disobbedire agli ordini e di partire ad ogni costo per Fiume. Non si fermarono nemmeno di fronte al fatto che d'Annunzio era con la febbre a 40 gradi. Ormai - come scrisse il Poeta a Mussolini - il dado era tratto.

 

 

 

D'Annunzio scrive a Mussolini dopo l'annessione di Fiume

"Mio caro Mussolini, Io ho rischiato tutto, ho dato tutto, ho avuto tutto. Sono padrone di Fiume, del territorio, di una parte della linea di armistizio, delle navi e dei soldati che non vogliono obbedire se non a me. Non c' è nulla da fare contro di me.
Ho Fiume, tengo Fiume finché vivo, inoppugnabilmente; lottiamo d'attimo in attimo con un'energia che fa di quest'impresa la più bella; dopo la dipartita dei mille.
Io ho tutti soldati qui, tutti soldati in uniforme, di tutte le armi.
È un'impresa di regolari. Dobbiamo far tutto con la nostra povertà…".

 

 

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