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Lo Zar di Russia : Discorsi di Vladimir Putin

 

Lo Zar di Russia : Discorsi di Vladimir Putin

 

19 settembre 2013.

"Un altro obiettivo per l'identità della Russia è legato agli eventi che hanno luogo nel mondo. Questo riguarda la politica estera e i valori morali. Possiamo notare come molti Paesi euro-atlantici stanno negando le loro radici tra cui i valori cristiani che sono alla base della civiltà occidentale. Stanno negando i principi morali e la propria identità: nazionale, culturale, religiosa e perfino sessuale. Mettono in vigore politiche che pongono allo stesso livello delle numerose famiglie tradizionali, le famiglie omosessuali: la fede in Dio equivale ormai alla fede in Satana. Questo eccesso di politicamente corretto ha condotto la volontà di qualche persona a legittimare partiti politici di cui l'obiettivo è promuovere la pedofilia. In molti Paesi europei, la gente non ha il coraggio di parlare della propria religione. Le vacanze sono abolite o chiamate diversamente; la loro essenza è nascosta, proprio come il loro fondamento morale. La gente cerca, aggressivamente, di esportare questo modello attraverso il mondo. Sono convinto che questo apra una via diretta alla degradazione e al primitivismo che porteranno ad una profonda crisi demografica e morale. Che cosa testimonia meglio di questa crisi morale se non la perdita della capacità a riprodursi? Oggigiorno, quasi nessuna nazione sviluppata è in grado di riprodursi, anche con l'aiuto dei flussi migratori. Senza i valori presenti nel cristianesimo e nelle altre religioni del mondo, senza gli standard morali che si sono formati per millenni, le popolazioni perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Consideriamo normale e naturale di difendere questi valori. Dobbiamo rispettare il diritto di ogni minoranza di essere differente, però, i diritti della maggioranza non devono essere rimessi in questione. Allo stesso tempo, vediamo tentativi di rilanciare il modello standardizzato di un mondo unipolare e di confondere le istituzioni di legge internazionale e di sovranità nazionale. Un tale mondo unipolare, standardizzato, non ha bisogno di Stati sovrani, ha bisogno di vassalli. Storicamente, questo rappresenta una negazione dell'identità e della diversità mondiale donataci da Dio. La Russia è d'accordo con quelli che credono che le decisioni debbano essere prese collettivamente e non nel buio al fine di servire gli interessi di alcuni Paesi o gruppi di Paesi".

Vladimir Putin

 

 

 

18 Marzo 2014

Discorso storico di Putin che presenta al Parlamento la mozione per l’integrazione della Crimea e della città di Sebastopoli.


“Colgo l’occasione per ringraziare le forze armate della Crimea e quelle dell’Ucraina che non hanno ceduto allo scontro -prosegue Putin. Si parla di un’aggressione della Russia in Crimea, ma io non ricordo un’aggressione senza un colpo di fuoco”.

“Il caso dell’Ucraina è lo specchio di ciò che è accaduto dopo il crollo del sistema bipolare: è sparito l’equilibrio. L’asse è ora basato sul principio del più forte. Gli Stati Uniti con questo principio mostrano di voler essere i più forti. Adottano e costringono risoluzioni per spiegare le loro azioni nel mondo. E nel caso contrario agiscono violando le loro risoluzioni Onu: ad esempio per i bombardamenti nel 1989 di Belgrado, seguiti da un vero intervento armato, dalla ex Jugolsavia, all’Iraq, passando all’Afghanistan fino alla violazione dello spazio aereo della Libia”.

“Le persone sono stanche della tirrania della povertà. Anziché la diffusione della democrazia della libertà c’è stato una serie di violazioni: dalla primavera all’inverno arabo. Ci sono state azioni contro l’integrazione di paesi nello spazio europeo sia per la Russia che per l’Ucraina. Vogliamo rapporti paritari e trasparenti ma non vediamo nessun passo in avanti verso di noi: ci hanno messo sempre di fronte agli atti compiuti. Tra questi: l’allargamento della frontiera della Nato ad est. Facile da dire che non ci riguarda. Come lo dispiegamento missilisitico”, commenta Putin che poi torna a criticare il fatto che sono mancate “anche le promesse sull’accesso economico internazionale” in quanto “ora parlano di sanzioni”.

Poco prima del discorso, il consigliere diplomatico di Putin, Iuri Ushakov, commentando le sanzioni occidentali ha dichiarato che “abbiamo già provato sanzioni del genere, esse suscitano ironia e anche sarcasmo”.

“Noi vogliamo difendere la nostra indipendenza ma cè un limite a tutto. I nostri partenr occidentali hanno superato il limite e in Ucraina si sono comportati in maniera grezza. Hanno perso il senso della misura e la Russia si è trovata davanti ad un limite. La Russia ha i proprio interessi nazionali come li hanno tutti gli altri paesi e devono essere rispettati”.

“Ma siamo anche grati a tutti coloro che hanno avuto comprensione per la Crimea. Ringraziamo la Cina, la cui dirigenza ha esaminato la situazione nella sua pienezza storica e politica. Apprezziamo la moderazione dell’India” prosegue Putin che poi si è rivolto al popolo americano ricordando “che sono sati orgogliosi dei loro diritti dalla dichiarazione d’indipendenza in poi. E quindi quello della popolazione Crimea non è lo stesso?”.

“Voglio anche rivolgermi alla Germania. Nel caso dell’unione della Germania, noi appoggiavamo la volontà dei tedeschi di essere uniti. Mi rivolgo infine al popolo dell’Ucraina; non siamo mai intervenuti sulle loro decisioni. Ma è colpa loro della spaccatura del paese. Noi non vogliamo dividere l’Ucraina, non ne abbiamo bisogno”, rassicura il presidente russo in merito ai timori di ulteriori annessioni nella prte dell’Ucraina occidentale.
“Quello che è dell’Ucraina continuerà ad essere dell’Ucraina. Sarà come è stata per secoli, la patria dei popoli che hanno vissuto lì”, garantisce Putin che poi afferma come la “Crimea è un nostro successo comune e un fattore di stabilità e questo elemento strategico deve essere sotto la stabilità della Russia. Altrimenti sia noi Russi che Ucraini potremmo perdere la Crimea”.

“La prospettiva dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato non porta a nulla alla Crimea. Noi non siamo contrari ad una cooperazione con la Nato: siamo contrari a basi della Nato ai confini del nostro territorio. Siamo più favorevoli che la Nato sia ospite nostra a Sebastopoli, sostiene Putin riferendosi alla base militare ucraina nella città portuale della Crimea.

“Oggi ci fa male quello che accade in Ucraina: siamo un popolo unico. Kiev è madre delle città delle Russie. L’antica russia è la nostra fonte comune e noi non possiamo vivere gli uni senza gli altri. La Russia difenderà sempre i loro interessi con mezzi diplomatici, economici e di giustizia. Tuttavia dev’essere prima di tutto l’Ucraina a voler difendere questi interessi e potrà essere una garanzia per la stabiltà del suo paese”,afferma Putin parlando ovviamente degli interessi strategici e della dipendenza economica dell’Ucraina alla Russia.
“L’Ucraina è uno dei principali partner e quindi vogliamo solo successi per il paese e siamo pronti a dare un contributo ma i cittadini devono fare ordine nel loro paese”.

“Cittadini di Sebastopoli siete stati voi a decidere del destino della Crimea. In questi gorni vi siamo stati vicini con sinceri sentimenti di fraternità. La forza della politica estera della Russia si è basata sulla forza di milioni di persone. Grazie per questo patriottismo. Dobbiamo restare uniti nel futuro per superare i contrasti esteri” ha esordito Putin ricordando che “le dichiarazioni occidentali sono state aggresssive e noi risponderemo. Non aspireremo a scontri e faremo il necessario per creare rapporti civili e di buon vicinato”.

            

 

12 dicembre 2005 

Discorso alla prima sessione del Parlamento della Repubblica Cecena

 

 

Caro signor Presidente della Repubblica Cecena, cari deputati del parlamento della Repubblica Cecena, cari amici.

Quella di oggi è una giornata molto importante e altamente significativa nella vita della Cecenia e del paese tutto. Abbiamo percorso una strada difficile, aspra e tormentata per raggiungere questo giorno.

Vorrei ricordare i primi anni novanta, allorché la stragrande maggioranza della popolazione russa ripose le proprie speranze d’una vita migliore nella nuova libertà e democrazia che avevano appena conquistato. E infatti, libertà e democrazia sono realmente condizioni necessarie per lo sviluppo di tutti i paesi e di tutti i popoli.

Ma dobbiamo anche ricordarci che il nostro paese ha attraversato gravi difficoltà economiche, e s’è trovato a fronteggiare il collasso del suo sistema sociale – o almeno, il vecchio sistema sociale si sbriciolò e nulla venne a prenderne il posto. Ciò non portò al rafforzamento delle istituzioni statali, ma alla loro distruzione. Tutto questo ha provocato problemi come il separatismo, non solo nel Caucaso Settentrionale, e non solo in Cecenia, ma anche in varie altre parti del nostro vasto paese.

Quanto accaduto in Cecenia non è allora unico, ma tutte queste tendenze trovarono qui un carattere particolarmente complesso, difficoltoso e drammatico. Ed è comprensibile perché ciò accadde. Il popolo ceceno ha sofferto molto nel corso della sua storia, specialmente durante i decenni del potere sovietico. Soldati ceceni combatterono nei ranghi delle Forze Armate sovietiche, combatterono sui fronti della Seconda Guerra Mondiale, difesero gl’interessi della nazione e incisero i propri nomi nella memoria del nostro paese quali guardiani d’una patria comune; ma ciò non ostante, milioni di Ceceni furono stipati nei vagoni-bestiame e deportati in Siberia e nelle steppe del Kazakistan. Comprendiamo quale immensa tragedia possa essere stata. Ed ovviamente fu più facile qui che altrove approfittare di questi problemi del passato.

Guardando avanti, voglio dirvi che noi ricordiamo il passato, non lo dimenticheremo e faremo in modo che nulla del genere accada ancora, né qui in Cecenia né in qualsiasi altro luogo della Federazione Russa. Ma dobbiamo anche pensare al futuro. E se pensiamo al futuro, dobbiamo capire, realizzare e accettare che vi sono processi in corso nel mondo intero – processi comuni che sortiscono da fattori oggettivi – processi che stanno conducendo verso l’integrazione e l’unione delle forze in un impegno comune. In tale contesto, sarebbe sbagliato per noi non fare tesoro della positiva esperienza ereditata dal passato. Noi non abbiamo solo eventi negativi da ricordare, ma anche un lascito d’esperienze positive che possiamo utilizzare per guardare al futuro e procedere assieme.

Quelle persone che, a mio parere, hanno mostrato il loro lato peggiore, si approfittarono dei nostri problemi passati e si arrogarono il diritto di parlare a nome dell’intero popolo ceceno. Ma la vita ha mostrato ch’essi ponevano le loro ambizioni personali, le loro ambizioni politiche personali e i loro interessi materiali, al di sopra di quelli del popolo ceceno. Come altro potremmo spiegare la cosca di terroristi che invase la sorella Repubblica del Dagestan nel 1999? Quale legame vi può essere tra la lotta per l’indipendenza e l’attacco al Dagestan? Cosa potremmo dire a questo proposito? Il fatto, puro e semplice, è che questo fu un’ulteriore tentativo storico di manipolare a profittare del popolo ceceno.

Questo fu il risultato delle attività di forze distruttive nella prima metà degli anni ‘90, questo e tutti gli altri eventi nefasti occorsi nella vita della repubblica durante quegli anni – completo collasso economico, chiusura di ospedali, scuole e asili-nido, mancato pagamento di stipendi, pensioni e sussidi di vario genere, e l’occupazione della repubblica da parte di bande armate e mercenari stranieri che stabilirono il proprio controllo su ogni struttura politica. Sono conscio di ciò, e voi lo siete quanto me. Ma ciò non è tutto, e forse non è neppure la cosa più importante.

Più terribile di tutto, è che la gente giunta con le armi sottobraccio, portava con sé un’interpretazione perversa del Corano, assolutamente antitetica alle tradizioni dei popoli del Caucaso Settentrionale russo. Non solo costoro corrompevano il Corano nelle loro interpretazioni, ma pure lo discreditavano con le loro azioni. O almeno, tentarono di discreditarlo; poiché non è possibile screditare l’Islam, una religione globalmente diffusa, e pervasa d’ideali umanistici. Ma vi furono anche altre persone, le quali videro quanto accadde, osservarono questi problemi e le tendenze negative, realizzarono che quella imboccata era una strada senza uscita, la quale non avrebbe condotto il loro popolo da nessuna parte; queste persone, realizzato ciò, presero la coraggiosa decisione – la sola possibile decisione – che libertà, indipendenza e prosperità si potevano raggiungere solo assieme a una libera e prospera Russia.

Ricordo molto bene le mie conversazioni con Akhmat-Hadji Kadyrov, e ne ho già parlato in pubblico in passato. Tentai di dissuaderlo dal divenire presidente della repubblica. Gli dissi: “Sai, aspetta un attimo. Ci sono ancora un sacco di problemi – problemi di sicurezza, problemi di criminalità, problemi inerenti la ricostruzione dell’economia e del settore sociale – ed ognuno di questi peserà sulle tue spalle, sarà tua responsabilità, sebbene sarai incapace di farvi fronte con le tue sole forze”. E ricordo molto bene la sua risposta. Disse essenzialmente ciò: “Io credo” cominciò “che verrà il tempo in cui la Cecenia fiorirà e il suo popolo vivrà nella prosperità e nella sicurezza. E allora vi sarà una folla di persone desiderose di guidare la repubblica in simili condizioni. Ma oggi c’è bisogno di persone che non vogliono nulla per sé, e che sono pronti a dare tutto ciò che possiedono, anche la vita se necessario, per il bene del loro popolo”.

Ed ora voglio rivolgere le mie parole a voi che siete presenti in quest‘aula; parole di ringraziamento, perché so che vi sono ancora molti problemi tuttora irrisolti. Prendendo oggi posto tra questi banchi, guidando un distretto, una regione, guidando la repubblica o il parlamento, divenendo un membro del parlamento e agendo attivamente secondo gl’interessi del vostro popolo, state mostrando un grande coraggio personale e il desiderio di raggiungere risultati positivi. Posso assicurarvi che siamo insieme sulla giusta strada.

Ho ricordato fatti spiacevoli, connessi al terrorismo internazionale. Vorrei attirare la vostra attenzione su un’altra circostanza, qualcosa su cui non ho immediatamente riflettuto, sebbene essa appaia abbastanza ovvia. Voglio menzionare questa cosa ora. Quelli che sono dall’altra parte, combattendo per i loro falsi ideali, e la povera gente ch’è utilizzata come carne da cannone, ch’è pagata 10 dollari per piazzare una mina o sparare con un fucile, non sanno oppure hanno dimenticato che la Russia è sempre stata la più leale, sicura e consistente paladina degl’interessi del mondo musulmano. La Russia ne è sempre stata la migliore e più affidabile alleata. Nel tentativo di distruggere la Russia, questa gente ha insidiato una delle principali fonti di sostegno al mondo musulmano nella lotta per i legittimi diritti dell’Islam entro lo scenario internazionale. Ma coloro che organizzano queste attività stanno probabilmente agendo deliberatamente, ben consci degli scopi che si sono prefissi di raggiungere.

I capi dei principali paesi islamici comprendono molto bene l’idea che ho appena espresso. Questo è il motivo per cui i loro rappresentanti hanno presenziato al referendum sulla Costituzione della Repubblica di Cecenia, alle elezioni presidenziali e recentemente a quelle parlamentari. L’Organizzazione della Conferenza Islamica, la Lega delle Nazioni Arabe, e gli altri nostri colleghi e amici erano tutti presenti. E. come sapete, i membri dell’Organizzazione della Conferenza Islamica hanno accolto all’unanimità la Russia nel loro organismo in qualità d’osservatrice permanente. Noi continueremo la nostra opera all’interno di quest’organizzazione. Proprio recentemente una delegazione di musulmani russi è stata a La Mecca, per discutervi dello sviluppo del mondo islamico. Ripeto: la Russia continuerà questa politica anche in futuro.

Voglio inoltre attirare la vostra attenzione sul fatto che chiunque sia stato incaricato dal popolo di rappresentarlo, riceve con la delega anche una grande responsabilità. Abbiamo grossi problemi da risolvere e molto dev’essere ancora fatto.

Il primo obiettivo è quello di convincere quanti non hanno ancora riposto le armi, e ve ne sono tuttora, ch’essi stanno combattendo per una falsa causa nociva alla loro repubblica e alla loro gente.

Il secondo obiettivo è fare tutto il necessario per rafforzare la legalità nella repubblica e i suoi strumenti: le corti, i pubblici ministeri, il ministro dell’interno, e l’avvocatura.
Ciò non è possibile senza costruire un sistema di moderne relazioni tra le differenti branche del potere, tra il ramo legislativo, che voi rappresentate, e le autorità esecutive, i capi-distretto, e tra il governo e il presidente. Non è un impegno leggero. È un compito arduo per la Russia in generale. Nel complesso la Russia manca d’una lunga esperienza storica nello sviluppo d’istituzioni democratiche. Molte cose le stiamo facendo per la prima volta. Dovremmo ispirarci alle generali tendenze mondiali. Non solo dovremmo farlo – abbiamo bisogno di farlo, per noi stessi. Voglio sperare che porterete a compimento quest’opera. Un’opera che richiede professionalità, responsabilità, e l’abilità di raggiungere accordi e soluzioni di compromesso. Questo non è probabilmente un compito facile per nessuno, ma per la gente del Caucaso accettare un compromesso è forse ancora più difficoltoso. Ma tali sono le regole d’una società democratica, ch’è decisamente più efficiente, almeno oggi, di qualsiasi altra forma d’organizzazione sociale.
Dobbiamo risolvere anche un altro problema per raggiungere gli obiettivi suddetti. Dobbiamo migliorare la qualità del lavoro delle agenzie statali e delle forze dell’ordine, ed escludere qualsiasi violazione della legge, in particolare la pratica dei rapimenti.

Chiunque sia coinvolto in attività criminali, sia esso membro di agenzie locali o federali, dev’essere scoperto e punito secondo le leggi della Federazione Russa.

Egualmente, coloro i quali non comprendono le buone intenzioni, coloro i quali non desiderano riporre le armi e continuano a combattere contro il loro stesso popolo, debbono essere scovati e puniti. Ma non è solo questa l’opera che ci troviamo davanti. Più difficile di tutto sarà risolvere i problemi economici e sociali. Alla fin fine, tutto ciò che i rappresentanti eletti dal popolo fanno, lo fanno per il popolo di cui sono parte, per coloro che li hanno eletti a queste alte posizioni. Questo è un compito difficile, molto difficile, poiché le rovine lasciate dagli ultimi dieci anni sono in proporzione catastrofica. Lo sapete da voi. Dobbiamo ricostruire il tradizionale settore d’attività della repubblica – agricoltura, produzione d’olio, raffineria, edilizia. Ed è inoltre necessario guardare alle moderne aree d’attività, alle imprese produttive che stanno sviluppandosi. Ritengo che il ruolo delle autorità federali, sotto questo aspetto, sia non quello d’intervenire, ma di fornire sostegno ed aiuto.

Ma vi sono alcuni settori in cui i problemi non possono risolversi senza il sostegno delle autorità federali. V’è una valanga di simili questioni, ma ne citerò giusto una: la ricostruzione di Groznyj. Siamo giunti al punto in cui possiamo intraprendere passi concreti per cominciare la ricostruzione della capitale cecena. Uno dei criteri validi a valutare il lavoro del Presidente, del Governo, e dell’Inviato presidenziale plenipotenziario nel Distretto Federale Meridionale, saranno i passi avanti compiuti in questo campo. I problemi e le questioni che dobbiamo risolvere insieme sono tutti positivi, giacché si tratta di questioni e problemi costruttivi. Quando qualcuno lavora a problemi di questo tipo crea, porta benefici alla società, al popolo, ai concittadini, e perciò è destinato a raggiungere il successo, non importa quanto difficili siano i compiti cui ha deciso d’adempiere.

Spero che avrete successo.

Grazie mille.

               

 

10 febbraio 2007

Discorso di Vladimir Vladimirovic Putin alla 43ma Conferenza sulla Sicurezza

 

 

Egregi Cancelliere Federale, Signor Teltschik, signore e signori, vi ringrazio.

Sono molto grato di essere stato invitato a una conferenza così rappresentativa che riunisce politici, militari, imprenditori ed esperti provenienti da più di 40 paesi. La struttura di questa conferenza mi permette di evitare gli "inutili convenevoli" e la necessità di usare formule diplomatiche piacevoli e altisonanti ma fondamentalmente vuote. La struttura di questa conferenza mi permetterà di dire quello che penso realmente dei problemi della sicurezza internazionale. E se i miei commenti sembreranno ai miei colleghi inutilmente polemici, tendenziosi oppure inesatti, prego loro di non incollerirsi con me. Dopo tutto questa è solo una conferenza. E spero dunque che dopo i primi due o tre minuti del mio discorso il signor Teltschik non accenderà la "luce rossa".

Dunque. È ben noto che la problematica della sicurezza internazionale non si limita alle questioni della stabilità politica e militare. Essa comprende la stabilità dell'economia globale, il superamento della povertà, la sicurezza economica e lo sviluppo di un dialogo tra civiltà.

Questo carattere universale, indivisibile della sicurezza si esprime anche nel suo principio fondamentale secondo il quale "la sicurezza di uno è la sicurezza di tutti". Come disse Franklin D. Roosevelt durante i primi giorni della seconda guerra mondiale: "Ovunque sia spezzata la pace, la pace di tutti i paesi del mondo si trova minacciata".

Queste parole conservano ancora oggi tutta la loro attualità. Lo dimostra anche il tema della nostra conferenza: "Le crisi globali, la responsabilità globale".

Solo due decenni fa il mondo era diviso ideologicamente ed economicamente, e la sua sicurezza era garantita dagli enormi potenziali strategici di due superpotenze.

Questa contrapposizione globale marginalizzò i più acuti problemi economici e sociali nelle considerazioni della comunità internazionale e nell'agenda mondiale. E, come ogni altra guerra, la Guerra Fredda ci lasciò anche le "munizioni vive", metaforicamente parlando. Mi riferisco agli stereotipi ideologici, ai doppi criteri di giudizio e ad altri aspetti tipici del pensiero della Guerra Fredda.

Anche il mondo unipolare proposto dopo la Guerra Fredda è venuto meno alle aspettative.

La storia dell'umanità ha certamente conosciuto periodi di unipolarismo e aspirazioni alla supremazia mondiale. E cosa non ha conosciuto, la storia dell'umanità?

Tuttavia, cos'è un mondo unipolare? Per quanto si possa abbellire questo termine, esso si riduce in pratica a una sola cosa: un unico centro di potere, un unico centro di forza, un unico centro decisionale.

È un mondo in cui c'è un solo padrone e un solo sovrano. E in definitiva ciò è un pericolo non solo per coloro che si trovano a vivere dentro questo sistema, ma anche per quella stessa entità sovrana, la quale finisce per distruggersi dall'interno.
E questo di certo non ha nulla a che vedere con la democrazia. Perché, come sapete, la democrazia è il potere di una maggioranza che tenga conto degli interessi e delle opinioni della minoranza.

A tale proposito, alla Russia - a noi - vengono costantemente date lezioni di democrazia. Ma, chissà perché, coloro che ce le impartiscono non sono molto disposti a impararle. 

Io ritengo che il modello unipolare non sia solo inaccettabile ma anche impossibile nel mondo attuale. E non solo perché se a guidare il mondo di oggi - e soprattutto di oggi - ci fosse un'unica potenza le risorse militari, politiche ed economiche non sarebbero sufficienti. Ancora più importante è il fatto che il modello stesso è difettoso, perché alla sua base non ci sono e non ci possono essere i principi morali della civiltà moderna.

Inoltre, ciò che ora sta accadendo nel mondo - e abbiamo appena cominciato a discuterne - è la conseguenza del tentativo di introdurre nelle relazioni internazionali proprio questo concetto di mondo unipolare.

E qual è il risultato?

Le azioni unilaterali e spesso illegittime non hanno risolto alcun problema. Inoltre hanno generato nuove tragedie umanitarie e creato nuovi focolai di tensione. Giudicate voi: le guerre e i conflitti locali e regionali non sono diminuiti. Il signor Teltschik vi ha accennato molto blandamente. E in questi conflitti non muoiono meno persone di prima; ne muoiono di più. Considerevolmente di più, considerevolmente di più!

Oggi stiamo assistendo a un uso quasi incontenibile e ipertrofico della forza negli affari internazionali, di una forza militare che sta spingendo il mondo in un abisso fatto di un conflitto dopo l'altro. Ne consegue che non abbiamo le capacità sufficienti per trovare una soluzione articolata ad alcuno di questi conflitti. Trovare una soluzione politica diventa ugualmente impossibile.

Stiamo osservando un disprezzo sempre maggiore dei principi basilari della legge internazionale. E le norme legali indipendenti si stanno di fatto sempre più avvicinando al sistema legale di un unico stato, e precisamente gli Stati Uniti, i quali hanno varcato i propri confini nazionali in tutte le sfere: economica, politica e umanitaria - e si sono imposti sugli altri stati. A chi va bene, questo? A chi va bene?

Nelle relazioni internazionali vediamo sempre più il desiderio di risolvere questo o quel problema secondo le cosiddette regole dell'opportunità politica, cioè basandosi sul clima politico attuale.

Naturalmente questa tendenza è estremamente pericolosa. Fa sì che nessuno di fatto si senta sicuro. Voglio sottolinearlo: nessuno si sente sicuro! Perché nessuno può ripararsi dietro la legge internazionale come se si trattasse di un muro di pietra in grado di proteggerlo. Naturalmente una tale politica diventa il catalizzatore della corsa agli armamenti.

Il prevalere del fattore-forza incoraggia inevitabilmente una serie di paesi ad acquisire armi di distruzione di massa. Inoltre sono emerse nuove minacce: malgrado fossero ben note in precedenza, ora hanno assunto un carattere globale, come il terrorismo.

Ne sono certo: siamo giunti al momento critico in cui dobbiamo occuparci seriamente dell'architettura della sicurezza globale.

E dobbiamo procedere cercando un equilibrio ragionevole tra gli interessi di tutti i soggetti delle relazioni internazionali. Tanto più ora che il "panorama internazionale" è così vario e muta così rapidamente: muta in rapporto allo sviluppo dinamico di tutta una serie di paesi e di regioni.

Il Cancelliere Federale ne ha già parlato. Il prodotto interno lordo complessivo di Cina e India per parità di potere d'acquisto è già maggiore di quello degli Stati Uniti. Calcolandolo secondo lo stesso principio, il prodotto interno lordo dei paesi del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) supera il prodotto interno lordo complessivo dell'Unione Europea. E secondo gli esperti questo divario è destinato ad accrescersi nel futuro.

Non c'è ragione di dubitare che il potenziale economico dei nuovi centri di crescita mondiale si tradurrà inevitabilmente in influenza politica e rafforzerà il multipolarismo.

In relazione a ciò, sta crescendo fortemente il ruolo della diplomazia multilaterale. La franchezza, la trasparenza e la prevedibilità sono in politica dei principi incontestabili, e l'impiego della forza dovrebbe essere davvero una misura eccezionale, paragonabile all'uso della pena di morte nei sistemi giudiziari di alcuni stati.

Oggi, al contrario, stiamo osservando la tendenza opposta, e cioè una situazione in cui paesi che escludono la pena di morte anche in caso di omicidi e altri gravissimi crimini partecipano tranquillamente a operazioni militari che è arduo definire legittime. E in questi conflitti vengono uccise delle persone: centinaia, migliaia di civili!.

Ma allo stesso tempo sorge un problema: dovremmo restare indifferenti ed estranei ai vari conflitti interni che affliggono alcuni paesi, ai regimi autoritari, ai dittatori e alla proliferazione delle armi di distruzione di massa? Questo problema era già al centro della domanda posta dall'egregio collega signor Lieberman al Cancelliere Federale. [Rivolgendosi al signor Lieberman] Ho compreso correttamente la sua domanda? Allora è una domanda molto seria! Possiamo osservare con indifferenza quello che sta accadendo? Cercherò anch'io di rispondere alla sua domanda: naturalmente non possiamo restare indifferenti. Naturalmente no.

Ma abbiamo i mezzi per contrastare queste minacce? Certamente. Basta guardare alla storia recente. Il nostro paese è stato protagonista di una transizione pacifica verso la democrazia. Si è verificata una trasformazione pacifica del regime sovietico: una trasformazione pacifica! E che regime! Con che arsenale, compreso quello nucleare! Perché adesso dovremmo cominciare a bombardare e a sparare appena se ne presenta l'occasione?

In assenza della minaccia della reciproca distruzione non abbiamo forse una sufficiente  cultura politica e un fondamentale rispetto per i valori democratici e per la legge?

Ne sono convinto: l'unico meccanismo che possa prendere decisioni sull'uso della forza militare come ultima risorsa è la Carta delle Nazioni Unite. E a proposito di questo, o non ho compreso quello che ha appena detto il nostro collega, il ministro italiano della difesa, o si è espresso in modo inesatto. In ogni caso, ho capito che l'uso della forza può essere considerato legittimo solo quando la decisione venga presa dalla NATO, dall'Unione Europea o dalle Nazioni Unite. Se davvero è così, la pensiamo diversamente. Oppure ho sentito male. Il ricorso alla forza può essere considerato legittimo solo se la decisione è stata presa nell'ambito delle Nazioni Unite. E non abbiamo la necessità di sostituire le Nazioni Unite con la NATO o con l'Unione Europea. Quando le Nazioni Unite uniranno davvero le forze della comunità internazionale e potranno realmente reagire ad eventi che accadono in vari paesi, quando ci lasceremo alle spalle il disprezzo della legge internazionale, allora la situazione potrà cambiare. Altrimenti la situazione risulterà in un vicolo cieco, e il numero di gravi errori si moltiplicherà. Inoltre bisogna naturalmente assicurarsi che la legge internazionale abbia carattere universale sia nella sua concezione, sia nell'applicazione delle sue norme.

E non bisogna scordare che una condotta politica democratica si accompagna alla discussione e a un laborioso processo decisionale.

Egregi signore e signori!

Il potenziale rischio di destabilizzazione delle relazioni internazionali è connesso anche con l'ovvia stagnazione sulla questione del disarmo.

La Russia appoggia un rinnovato dialogo su questo cruciale problema.

È importante conservare la stabilità del quadro legale internazionale relativamente alla distruzione delle armi e dunque assicurare continuità al processo di riduzione delle armi nucleari.

Con gli Stati Uniti d'America abbiamo concordato di ridurre il nostro potenziale missilistico nucleare strategico a 1700-2000 testate nucleari entro il 31 dicembre 2012. La Russia intende tener rigorosamente fede all'impegno preso. Speriamo che anche i nostri interlocutori agiscano in modo trasparente e non mettano da parte "per le giornate nere" un paio di centinaia di testate nucleari superflue. E se oggi il nuovo ministro della difesa americano dichiara che gli Stati Uniti non nasconderanno queste testate superflue né nei depositi, né - per così dire - "sotto il cuscino" o "sotto la coperta", allora io propongo a tutti di alzarci in piedi e plaudire alle sue parole. Sarebbe una dichiarazione molto importante.

La Russia aderisce rigorosamente e intende continuare ad aderire al Trattato sulla Non-Proliferazione delle Armi Nucleari e al regime di supervisione multilaterale per le tecnologie missilistiche. I principi incorporati in questi documenti hanno carattere universale.

A tale proposito vorrei ricordare che negli anni Ottanta l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti firmarono un accordo per la distruzione di un'intera classe di missili a breve e media gittata, ma questi documenti non avevano carattere universale.

Oggi molte altre nazioni possiedono questi missili, compresa la Repubblica Democratica Popolare di Corea, la Repubblica Coreana, l'India, l'Iran, il Pakistan e Israele. Molti paesi stanno lavorando a questi sistemi e progettano di introdurli nel loro arsenale militare. E solo gli Stati Uniti e la Russia hanno preso l'impegno di non creare questi sistemi d'arma.

È ovvio che in queste condizioni dobbiamo pensare a garantirci la sicurezza.

Al contempo è impossibile permettere la comparsa di nuove e destabilizzanti armi ad alta tecnologia, specialmente nello spazio. Le guerre stellari non sono più una fantasia, ma una realtà. Già alla metà degli anni Ottanta i nostri interlocutori americani sono stati in grado di mettere in pratica l'intercettazione di un loro satellite.

Secondo la Russia la militarizzazione dello spazio potrebbe avere conseguenze imprevedibili per la comunità internazionale, provocando niente meno che l'inizio di un'era nucleare. Noi abbiamo più volte proposto iniziative volte a impedire l'uso di armi nello spazio.

Oggi vorrei informarvi che abbiamo preparato il progetto di un accordo per la prevenzione dell'impiego di armi nello spazio. Prossimamente sarà mandato ai nostri interlocutori sotto forma di proposta ufficiale. Lavoriamoci assieme.

I piani per estendere all'Europa certi elementi del sistema di difesa missilistica non possono non allarmarci. A chi serve che si proceda a un'inevitabile corsa agli armamenti? Dubito profondamente che si tratti degli europei.

Armi missilistiche con una portata di cinque-ottomila chilometri in grado di minacciare realmente l'Europa non esistono in alcuna delle cosiddette nazioni problematiche. E nel vicino futuro e in prospettiva questo non accadrà e non è nemmeno prevedibile. E qualsiasi ipotetico lancio, per esempio, di un missile nordcoreano sul territorio americano attraverso l'Europa occidentale sarebbe in evidente contraddizione con le leggi della balistica. Come diciamo in Russia, sarebbe come "usare la mano destra per toccarsi l'orecchio sinistro".

E trovandomi qui in Germania non posso non parlare della crisi in cui versa il Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa.

Il Trattato Adattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa è stato firmato nel 1999. Teneva conto di una nuova realtà geopolitica, e cioè l'eliminazione del blocco di Varsavia. Da allora sono passati sette anni e solo quattro stati hanno ratificato questo documento, compresa la Federazione Russa.

I paesi della NATO hanno dichiarato apertamente che non ratificheranno questo trattato, comprese le misure più restrittive per i fianchi (che riguardano l'impiego di un certo numero di forze armate nei fianchi della NATO), finché la Russia non smantellerà le sue basi militari nella Georgia e nella Moldova. Il nostro esercito sta lasciando la Georgia, perfino più in fretta del previsto. Abbiamo risolto i problemi che avevamo con i nostri colleghi georgiani, come è risaputo. Nella Moldova ci sono ancora 1500 uomini impegnati in operazioni di mantenimento della pace e a proteggere i depositi di munizioni che risalgono ai tempi dell'Unione Sovietica. Discutiamo continuamente di questa questione con il signor Solana, che conosce la nostra posizione. Siamo pronti a continuare a lavorare in questa direzione.

Ma cosa sta succedendo, nello stesso tempo? Nello stesso tempo in Bulgaria e in Romania compaiono le cosiddette basi americane avanzate con circa cinquemila uomini ciascuna. Risulta che la NATO ha dispiegato ai nostri confini le sue forze avanzate mentre noi, continuando a rispettare gli impegni del trattato, non reagiamo in alcun modo.

Penso che sia ovvio che l'espansione della NATO non ha niente a che fare con la modernizzazione dell'Alleanza stessa o con la necessità di rendere più sicura l'Europa. Al contrario, rappresenta un grave fattore di provocazione che riduce il livello di fiducia reciproca. E noi abbiamo il diritto di chiedere: contro chi si sta svolgendo questa espansione? E che ne è stato delle dichiarazioni fatte dai nostri interlocutori occidentali dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni? Nessuno se ne ricorda nemmeno. Ma io mi permetterò di ricordare a questo  uditorio quello che era stato detto. Vorrei citare il discorso del Segretario Generale della NATO Woerner a Bruxelles il 17 maggio 1990. Egli disse allora che: "il solo fatto che siamo disposti a non dispiegare le truppe della NATO fuori dal territorio tedesco fornisce all'Unione Sovietica salde garanzie di sicurezza". Dove sono queste garanzie?

Le pietre e i muri di cemento del Muro di Berlino si sono già dispersi da molto tempo in forma di souvenir. Ma non dovremmo dimenticare che il crollo del Muro di Berlino fu possibile grazie a una scelta storica fatta anche dal nostro popolo, il popolo russo: una scelta a favore della democrazia, della libertà, della trasparenza e di una sincera collaborazione con tutti i membri della grande famiglia europea.

E ora stanno già cercando di imporci nuove divisioni e nuovi muri, benché virtuali, ma sempre in grado di dividere e tagliare il nostro continente comune. Ed è mai possibile che ci vogliano nuovamente molti anni e decenni, e diverse generazioni di politici, per distruggere e smantellare questi muri?

Egregi signore e signori!

Noi sosteniamo con insistenza il rafforzamento del regime di non-proliferazione. Gli attuali principi legali internazionali ci permettono di sviluppare tecnologie per produrre combustibile nucleare per scopi pacifici. E molti paesi hanno tutte le ragioni per voler produrre energia nucleare come base per la loro autonomia energetica. Ma capiamo anche che queste tecnologie possono essere rapidamente trasformate per la produzione di armi nucleari.

Questo crea gravi tensioni internazionali. Un chiaro esempio di ciò è rappresentato dal clima che circonda il programma nucleare iraniano. E se la comunità internazionale non troverà una soluzione ragionevole per risolvere questo conflitto di interessi il mondo continuerà ad essere afflitto da simili crisi destabilizzanti, perché ci sono altri paesi oltre all'Iran, e noi tutti lo sappiamo. Siamo destinati a continuare a confrontarci con la minaccia della proliferazione delle armi di distruzione di massa.

Lo scorso anno la Russia ha proposto di realizzare centri internazionali per l'arricchimento dell'uranio. Siamo aperti alla possibilità che simili centri vengano creati non solo in Russia ma anche in altri paesi dove ci sia una base legittima per l'uso dell'energia nucleare civile. I paesi che vogliono sviluppare la propria energia nucleare avrebbero la garanzia di ricevere il combustibile attraverso la partecipazione diretta a questi centri, che naturalmente opererebbero sotto la rigida supervisione dell'AIEA.

Le più recenti iniziative proposte dal presidente americano George W. Bush concordano con le proposte russe. Ritengo che la Russia e gli Stati Uniti siano oggettivamente e ugualmente interessati a rafforzare il regime di non-proliferazione delle armi di distruzione di massa e le modalità del loro impiego. Sono proprio i nostri paesi, che hanno il maggiore potenziale nucleare e missilistico, che devono guidare lo sviluppo di nuove e più rigide misure di non-proliferazione. La Russia è pronta per questo lavoro. Stiamo conducendo consultazioni con gli amici americani.

In generale dovremmo riuscire a realizzare un intero sistema di incentivi politici e di stimoli economici; stimoli grazie ai quali i paesi sarebbero interessati a non sviluppare un proprio ciclo energetico nucleare pur avendo comunque la possibilità di sviluppare energia nucleare e di rafforzare il loro potenziale energetico.

A tale proposito parlerò ora più dettagliatamente della cooperazione energetica internazionale. Anche il Cancelliere Federale ne ha parlato, seppur brevemente. Nel settore dell'energia la Russia è orientata alla creazione di principi di mercato uniformi e di condizioni trasparenti per tutti. È ovvio che i prezzi devono essere determinati dal mercato e non essere soggetti a speculazioni politiche, pressioni economiche o ricatti.

Siamo aperti alla collaborazione. Le compagnie straniere collaborano a tutti i nostri progetti energetici. Secondo diverse stime, fino al 26% dell'estrazione del petrolio in Russia - il 26%, badate - viene fatto con capitali stranieri. Provate, provate a trovare un esempio simile di ampia partecipazione delle compagnie russe in settori chiave dell'economia dei paesi occidentali. Un tale esempio non esiste! Non esiste, un tale esempio.

Voglio anche ricordare il rapporto tra gli investimenti stranieri in Russia e gli investimenti della Russia all'estero. Il rapporto è di circa quindici a uno. E qui avete un esempio tangibile dell'apertura e della stabilità dell'economia russa.

La sicurezza economica è il settore in cui tutti devono aderire a principi uniformi. Siamo pronti a competere lealmente.

Per questa ragione nell'economia russa appaiono possibilità sempre maggiori. Gli esperti e i nostri partner occidentali stanno valutando obiettivamente questi cambiamenti. Così recentemente l'OECD ha rialzato il rating creditizio della Russia, che è passata dal quarto al terzo gruppo. E oggi a Monaco vorrei approfittare di questa occasione per ringraziare i nostri colleghi tedeschi per aver contribuito a questa decisione.

Inoltre, come sapete, il processo che porterà all'entrata della Russia nella WTO è giunto nelle fasi finali. Vorrei ora rilevare che durante i lunghi e difficili colloqui abbiamo più volte sentito parlare di libertà di espressione, libero mercato e pari opportunità, ma per qualche motivo solo ed esclusivamente a proposito del mercato russo.

E c'è un altro importante tema che influenza direttamente la sicurezza globale. Oggi molti parlano della lotta alla povertà. Cosa sta accadendo realmente in questa sfera? Da un lato si investe in programmi per aiutare i paesi più poveri, e a volte le risorse impiegate sono sostanziose. Ma ad essere sinceri - e molti qui lo sanno - questo spesso avviene con l'intervento di compagnie di quello stesso paese-donatore. Dall'altro lato, i paesi sviluppati conservano i propri sussidi agricoli e limitano l'accesso degli altri paesi alle alte tecnologie.

E diciamo le cose come stanno: una mano distribuisce le "elemosine" e l'altra non solo contribuisce a perpetuare l'arretratezza economica ma ne raccoglie anche i profitti. La nascente tensione sociale nelle regioni depresse risulta inevitabilmente nella crescita del radicalismo e dell'estremismo, alimenta il terrorismo e i conflitti locali. E se tutto questo avviene, diciamo, in una regione come il Medio Oriente dove si sta acuendo la percezione dell'ingiustizia e slealtà del resto del mondo, allora c'è il rischio di una destabilizzazione globale.

È ovvio che i principali paesi dovrebbero vedere questa minaccia. E di conseguenza fondare un sistema di relazioni economiche globali più giusto e democratico, un sistema che dia a tutti possibilità e occasioni di sviluppo.  
Egregi signore e signori, parlando alla Conferenza sulla Sicurezza è impossibile non nominare le attività dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Com'è ben noto, questa organizzazione fu creata per esaminare tutti - sottolineo tutti - gli aspetti della sicurezza: gli aspetti militari, politici, economici, umanitari, nelle loro relazioni reciproche. 

A cosa stiamo assistendo in pratica oggi? Oggi vediamo che questo equilibrio è chiaramente distrutto. Si sta cercando di trasformare l'OSCE in un volgare strumento di promozione degli interessi in materia di politica estera di un paese o di un gruppo di paesi. E per questo è stato "confezionato" anche l'apparto burocratico dell'OSCE, che non è assolutamente collegato in alcun modo con gli stati fondatori. I processi decisionali e il coinvolgimento della cosiddette organizzazioni non-governative indipendenti sono stati fatti su misura per quel compito. Formalmente queste organizzazioni sono indipendenti, sì, ma essendo finanziate appositamente sono in realtà sotto controllo. 

Secondo i documenti fondatori, nella sfera umanitaria l'OSCE ha il compito di assistere i paesi membri nell'osservanza delle norme internazionali sui diritti umani, a loro richiesta. È un compito importante. Noi lo appoggiamo. Ma questo non significa interferire negli affari interni di altri paesi, e tanto meno dettare a questi paesi regole che determinino la loro vita e il loro sviluppo. 

È ovvio che questa interferenza non promuove affatto lo sviluppo di stati democratici. Anzi, li rende dipendenti e conseguentemente instabili sul piano politico ed economico.

Contiamo sul fatto che l'OSCE adempia ai suoi scopi originari e stabilisca con stati sovrani relazioni basate sul rispetto, la fiducia e la trasparenza. 

Egregi signore e signori!

Concludendo vorrei rilevare questo. Noi spesso - e io personalmente molto spesso - ci sentiamo dire dai nostri interlocutori, compresi quelli europei, che la Russia dovrebbe avere un ruolo sempre più attivo negli affari mondiali. 

A tale proposito mi permetto di fare una piccola osservazione. Non c'è bisogno di spingerci e stimolarci a farlo. La Russia ha alle spalle una storia di più di mille anni e ha praticamente sempre goduto del privilegio di condurre una politica estera indipendente.

Non intendiamo venir meno a questa tradizione nemmeno oggi. Al contempo siamo tutti consapevoli di come il mondo sia cambiato e abbiamo una percezione realistica delle nostre possibilità e potenzialità. E, naturalmente, vorremmo interagire con interlocutori responsabili e indipendenti con i quali collaborare alla costruzione di un ordine mondiale giusto e democratico che possa garantire sicurezza e prosperità non solo a pochi eletti, ma a tutti.

Grazie per l'attenzione.